Fabrizio è un fotografo; giovane anche fotograficamente, ma con un certo talento e un occhio particolare. Ha iniziato come molti di noi – con un associazione culturale fotografica – ma la sua passione è vera e fondata e i suoi scatti parlano e comunicano a trecentosessanta gradi. Qui la presentazione del suo progetto A Geisha’s Tale e alcuni scatti rappresentativi dell’intero lavoro.
In Giappone, ancora oggi, vive un’antica tradizione di ragazze che intrattengono persone ballando, cantando e suonando gli strumenti tipici giapponesi: la geisha.
Il termine Geisha è composto da due kanji, uno che significa “arte” ed uno che significa “persona”, la traduzione letterale potrebbe quindi essere “persona d’arte” ovvero quando essere donna diventa un’arte.
L’apprendista geisha è chiamata Maiko (“fanciulla danzante”), è proprio la maiko che con le sue complicate pettinature, il trucco elaborato e i coloratissimi kimono ha contribuito a creare lo stereotipo della geisha che si ha in occidente. L’altro termine usato per indicare la geisha è Geiko, ovvero la geisha di Gion, quartiere di Kyoto.
Kyoto ospita molte di queste ragazze, che vivono in quartieri chiamati Hanamachi: Gion Kobu e Gion Higashi. Nonostante il declino dela numero di geisha presenti, Gion è stata dichiarata bene culturale tutelato dal governo nazionale. Vi sono presenti numerose sale da tè, dove le ragazze intrattengono intellettuali e uomini d’affari.
La casa da tè è un mondo appartato in cui l’intrattenimento viene offerto attraverso bevande, piacevoli conversazioni e musica tradizionale.
Le prime figure presenti in Giappone che si possono accomunare alla geisha odierna furono le saburuko, cortigiane specializzate nell’intrattenimento delle classi nobili.
Ebbero il loro apice nel VII secolo, per poi scomparire soppiantate dalle juuyo, ossia prostitute d’alto bordo. Da qui probabilmente parte anche il malinteso che riguarda le geishe, che in occidente spesso sono confuse con le prostitute.
Anche per colpa dell’occupazione degli americani in Giappone, che scambiarono le “donne di piacere” con le geisha, mentre in Cina, la parola geisha è tradotta con il termine yì jì, dove jì ha il significato proprio di “prostituta”.
Dal 1600 comparirono figure simili alla geisha odierna, che però erano uomini,
che avevano il compito di intrattenere gli astanti con balli e battute di spirito. Circa alla metà del secolo successivo comparirono le prime donne geisha.
Nel 1617, durante il periodo Edo, Tokugawa Hidetada (shogun), rese la prostituzione legale. Per non confondere la geisha con le prostitute, nel XIX secolo in tutte le principali città del Giappone, furono approntati quartieri dove avrebbero potuto svolgere la loro professione.
Le foto che ho scattato per questo progetto sono frutto di anni di viaggi in Giappone, facendo sempre tappa a Gion, quartiere di Kyoto, dove è possibile incontrare queste ragazze mentre raggiungono il posto di lavoro, oppure durante il ritorno verso le proprie okiya, le residenze dove le ragazze studiano, si addestrano e vengono ospitate.
Di queste ragazze mi ha sempre affascinato il loro portamento fiero e la loro eleganza e fotografarle nel contesto del quartiere di Gion è come tornare indietro nel tempo, nel periodo in cui queste artiste intrattenevano il Giappone feudale. C’è da considerare una cosa però, non è facilissimo ritrarre le geishe, perché si muovono molto velocemente e sono quasi sempre circondate da turisti, incuriositi ed attirati dalla loro figura che si fa strada tra la folla. A causa di persone poco rispettose, ho notato nell’ultimo viaggio che ho fatto in Giappone, che a Gion sono presenti dei cartelli, che vietano di attirare l’attenzione delle geisha, di afferrarle e dar loro fastidio, molto probabilmente perché sono state disturbate ed infastidite durante il loro passaggio per le vie del quartiere di Kyoto.
Se invece tratti la geisha con rispetto, le concedi il suo spazio, non la circondi come se fosse un animale braccato dal suo predatore, queste ragazze si lasciano fotografare ed in alcuni casi, se si è ben educati, si mettono addirittura in posa, concedendo uno sguardo, un sorriso, un bel momento al fotografo. Non ho un genere di fotografia che prediligo, amo la fotografia nel suo insieme, amo scattare foto ed amo i momenti in cui lo faccio, sono appassionato del Giappone, della sua cultura e tutto ciò che ne deriva, ogni volta che mi ritrovo nella terra del Sol Levante per me è un sogno che si avvera.
Per conoscere meglio i lavori di Fabrizio e vedere le gallery complete delle sue fotografie, vi invito a visitare il suo sito Web Personale.
Fabrizio nasce a Roma il 29/10/1984, è un appassionato del Giappone e della sua cultura. Entra a far parte dell’associazione culturale fotografica di Roma “La Compagnia della Foto” nel 2014, anno in cui comincia a dedicarsi al mondo della fotografia con estrema curiosità e passione. Per lui, la fotografia, è il miglior modo per comunicare un’emozione, per far viaggiare, con i propri occhi, le persone che osservano le sue fotografie, cercando di trasmettere le stesse emozioni e sensazioni che lui ha provato nel momento in cui ha effettuato quegli scatti. Fotografia selezionata dal National Geographic Italia tra i migliori 17 ritratti del 2017.