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Faces of Nepal: people of the Kathmandu Valley – Il progetto di Walter Sinigoi

Faces of Nepal - Walter Sinigoi (C)

Faces of Nepal - Walter Sinigoi (C)

Walter Sinigoi è nato a Trieste nel 1979, attualmente vie in Italia e lavora come Business Manager per un’azienda di personal branding. Sviluppa la sua attività fotografica come fotografo di viaggio, concentrando l’ attenzione su Reportage, Street Portraits e Landscapes.

Interessato ad approfondire la conoscenza del nostro mondo sia in termini di ambiente naturale che dal punto di vista culturale, ho viaggiato attraverso l’Europa (Italia, Scozia, Irlanda, Francia, Spagna) e Asia (Nepal, Bhutan) dove ho seguito due paralleli progetti fotografici per capire meglio queste persone affascinanti: Faces of Nepal: people of the Kathmandu Valley e Faces of Bhutan: the faint flame of the Dragon.

Sto guardando la fotografia con un approccio zen, convinto che colui che cerca di affilare il più possibile le capacità della mente, sceglie una passione che consiste nel migliorare le capacità visive.

Gli ho rivolto alcune domande per conoscerlo meglio e per presentarvi il suo progetto nepalese, mentre nel secondo appuntamento, Walter ci parlerà proprio del progetto Faces of Buthan.

Come è nato il progetto Faces of Nepal: people of the Kathmandu Valley?

Il Nepal è stata sempre una Regione molto fotografata. Sulla rete si possono trovare numerosi reportage che documentano la realtà del Paese e sono molti quelli di pregevole fattura. Inoltre, dopo il terribile terremoto che nel 2015 ha ucciso oltre novemila persone devastando l’intero territorio, tantissimi fotografi hanno documentato lo scempio provocato dal terremoto, specialmente nella Valle di Kathmandu. Con il progetto “Faces of Nepal: people of the Kathmandu Valley”, volevo cercare di porre uno sguardo diverso a questa realtà, focalizzando la mia attenzione sulle persone che abitano nella valle. Proprio per questo motivo, nonostante i colori fantastici che circondano il territorio nepalese, ho scelto di scattare l’intero reportage in bianco e nero: quando lo spettatore guarda le fotografie, il mio auspicio è che si focalizzi sul volto delle persone, non sul colore del loro vestiario. Nel novembre dello scorso anno, sono quindi partito per Kathmandu, esplorando l’intera Valle che lo circonda: 600 chilometri cosparsi da piccoli villaggi, grandi metropoli, comunità montane e sette diversi patrimoni Unesco. In particolare, ho deciso di raccontare le caratteristiche del popolo Newari, popolazione nativa della Valle che integra molti aspetti della religione induista con la cultura buddista, creando un unicum non esistente altrove.

Essere un fotografo immerso nella vita del popolo nepalese è stato difficoltoso?

La difficoltà più rilevante è stata senza dubbio la lingua: pochissimi nepalesi parlano l’inglese ed è inutile dire che la loro lingua nativa è per noi occidentali completamente incomprensibile. Inoltre, l’estrema caoticità dell’area – specialmente a Kathmandu, Patan e nei loro dintorni – non ha certamente favorito la buona riuscita del progetto. Per mia fortuna, sono stato supportato da Susa, una ragazza triestina che qualche tempo fa ha deciso di trasferirsi a Kathmandu aprendo un vero e proprio Bed & Breakfast, chiamato “Giramondo Hotel”. Il suo supporto logistico, unito al prezioso aiuto dei membri dello staff della struttura alberghiera, si è rivelato a dir poco fondamentale.

Cosa ti ha lasciato dentro questo progetto?

Le persone conosciute durante il viaggio sono state fantastiche. Il sorriso dei bambini, la dolcezza delle persone più anziane e la semplicità del popolo nepalese sono state una sorpresa che mi porterò sempre appresso. E’ incredibile come un Paese cosi povero possa aprirsi a simili sorrisi. In un certo senso, non mi sento il vero “proprietario” delle immagini scattate: queste ultime, sono diventate “mie” solo grazie alle persone incrociate lungo la via, che mi hanno dato il privilegio di concedersi all’obiettivo fotografico. Il viaggio mi ha lasciato un retrogusto misto di sabbia e polvere, la stessa che si respirava nell’aria pesante di Kathmandu e che costringeva i suoi abitanti a girare sempre con le mascherine antismog (nd. l’inquinamento atmosferico in Nepal è elevatissimo, tanto da renderlo prima causa di morte tra la popolazione nepalese).

Sogni nel cassetto?

Nel futuro vorrei realizzare un progetto che unisca la fotografia alla letteratura e alla musica. E’ qualcosa su cui sto lavorando concettualmente da qualche tempo ma che non vedrà la luce prima del 2019/2020.

 

 

Per me, la fotografia rappresenta un modo di vivere nel presente, dimenticando per un momento tutti i problemi e le ansie che di solito la vita ci sta mantenendo. In questo modo, sto vivendo la fotografia come strumento per sviluppare la felicità personale.

Altre informazioni su Walter Sinigoi:

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