In questi giorni, parlando e pensando, ho realizzato che oggi tutti sono alla ricerca di foto perfette. Cosa intendo e cosa ne penso? Continua a leggere.
La perfezione quotidiana
Credo che la ricerca delle foto perfette nasca da quella che, più in generale, è una ricerca di perfezione nella vita quotidiana. Oggi dobbiamo essere tutti precisi, perfetti, in anticipo, efficienti e non sono ammessi gli errori. Dal prossimo ma anche da noi stessi. La pena – spesso autoinflitta – è sentirsi inadeguati. Volendo fare un inciso, questi giochi li troviamo teorizzati da Eric Berne nella sua trattazione sull’analisi transazionale.
Non tediandovi su quanto teorizzato dalle diverse scuole è una teoria che analizza gli stati dell’Io e le transazioni con i giochi di ruolo e le posizioni esistenziali (mutuate da alcune scuole anche di marketing o comunicazione e analisi dei conflitti con la teoria dell’io sono ok e tu sei ok). Nella teoria si parla anche di ingiunzioni (i divieti) e spinte (o contro ingiunzioni) che hanno origini lontane, nella nostra formazione di infanti, e che provengono da genitori e figure autorevoli e formano il nostro copione esistenziale, che noi tanto ci sforziamo di confermare. Tra le prime: non fidarti, non farcela, non pensare, non essere piccolo. Le seconde comprendono anche il sii perfetto, sii forte, sbrigati, compiacimi… E abbiamo solo accennato il tutto.
Tutto quanto sopra per dire che viviamo in un’era dove sembra tutto già scritto. Dove “si fa così”. Dove deve essere così. Non come penso io ma come si deve… o come qualcuno vuole.
E in fotografia?
Beh in fotografia più o meno è la stessa cosa. Quanti pensano di “non farcela” a fare meglio. E quanti se le proprie non sono foto perfette nemmeno le mostrano.
Ma, poi: perfette per chi? Ragionavo e viaggiavo online guardando diverse immagini. I social sono il paradiso del “foto così non sarebbero nemmeno da postare” e, soprattutto, del conformismo all’immagine del momento: gattino, tramonto, foto notturna o della Via Lattea che sia. Oggi non so quale trend è più in voga. Però, vedo spesso foto tecnicamente perfette: tutti alla ricerca del fuoco perfetto; della composizione che rispetti i terzi della sezione aurea rispetto alla diagonale con le sette stelle di Hokuto in mezzo. Ombre e luci conservate; bianco nero in perfetto sistema zonale.
Poi le guardi e pensi: bella eh! Ma che mi sta trasmettendo il fotografo?
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Il messaggio è nell’imperfezione?
Allora immaginatevi un colloquio – o transazione alla Berne – tra due o più persone. Spesso sono controllate, formali, calcolatrici e, perché no, manipolatrici. Ti dico quel che vuoi sentire per ottenere quel che voglio. Ergo: emozione zero. Pnl spostati! Te la disegno io la tua mappa mentale. Ma, come sa chi mastica un po’ di queste cose: la mappa non è il territorio. Ergo poi mettere in pratica la teoria è un po’ difficile… soprattutto se le nostre azioni sono incanalate da spinte e ingiunzioni, alla ricerca di quelle carezze emotive che tanto agogniamo. Anche semplicemente pubblicando una foto. O se millantiamo competenza solo sostenuti dalla teoria e non dalla pratica… praticamente l’AI oggi farebbe uguale.
Ora invece pensiamo a uno scambio di idee gestito dalle emozioni. O pensate a quando esponete la vostra idea, progetto, passione a qualcuno e volete che gli arrivi. Siete controllati? Perfetti? O utilizzate un linguaggio più spontaneo, magari qual qualche errore non voluto, spinti dalle emozioni e dalla passione? Io mi trovo nella seconda e voi? Dove sono finite, quindi, quelle immagini che se analizzate tecnicamente hanno diverse lacune ma che in fronte alle stesse ci tirano fuori un WHOW spontaneo e ci accendono un ricordo.
Ricordate che il cervello è in grado di vedere e riconoscere solo quello che già conosce.
Quindi a cospetto di un’immagine… difficile che legga esattamente il vostro messaggio. Ma, più probabile, che ci riconosca una sua emozione; un suo momento. Bello o meno bello che sia anche se la vostra immagine è ispirata alla gioia.
Cosa fare quindi? Secondo me… Foto perfette anche no!
Beh la prima cosa è fregarsene. Questo non vuol dire che non va imparata la tecnica. Anzi: io stesso tengo corsi di fotografia. Come diceva Johan Cruiff: La creatività non fa a pugni con la disciplina.
Ma come per quando guidiamo, impariamo la tecnica e poi la mettiamo da parte per essere spontanei nelle azioni. Quelle tecniche sono automatiche e noi pensiamo solo alla meta e a come arrivarci. E quante volte deviamo?
Ecco questo andrebbe fatto in fotografia per lasciare una traccia che non sia la copia della fotocopia della foto top da mille mila like vista su Instagram. Lascia che le tue emozioni fluiscano, non controllarle. Cerca di scattare bene, sempre meglio. Ma non mirare alla perfezione. Cura il messaggio. Ci sono lavori autoriali che lasciano perplessi i perfezionisti ed estasiati gli altri.
Tu come vorresti essere ricordato?
Scrivimi cosa ne pensi nei commenti.